Riguardo le Virtualizzazioni
Giovanna Pipari - 30.11.2006
http://lnx.whipart.it/artivisive/2241/intervista-Pavoncello-Virtualizzazioni.html
D. Stai lavorando su una nuova espressione artistica da te recentemente ideata le "Virtualizzazioni"? Che tipo di opere sono e come ti è venuta l'idea?
R. L'idea delle "Virtualizzazioni" è venuta mentre stavo progettando un costume per il mio prossimo spettacolo che sarà "Una donna virtuale". La domanda che mi ponevo era: quale può essere un costume per un corpo virtuale? Alla fine, trovata una soluzione, che come accade in tutte le ricerche a volte va bene aldilà di ciò che si sta cercando, mi sono reso conto che non era solo un bozzetto per un costume che stavo realizzando ma ne era uscita una nuova creazione: quella appunto delle "Virtualizzazioni".
D.Puoi essere più chiaro?
R. Il dato di partenza, disegnando al computer, era una foto dell'attrice che avevo inizialmente trasformato e di cui avevo poi cercato la traduzione in linguaggio html. Applicando questo linguaggio, scrivendolo cioè sia sul vestito che sul corpo dell'attrice ho avuto la netta sensazione di proseguire e modificare il percorso della body art, innovandolo. Quelle parole in html, sovraimpresse sul corpo, sulla pelle, erano sia una modalità della body art, ma erano anche altro: tatuaggi, pitture... Con implicazioni diverse mi tornava in mente Piero Manzoni il quale firmava i corpi del pubblico, mi giungevano le attuali immagini dei défilée di vestiti disegnati sui corpi, o i corpi completamente dipinti come fa una parte dell'arte contemporanea. Però, le "Virtualizzazioni", a differenza di alcune esperienze della body art, restituivano e davano al corpo una virtualità e astrazione insite nella fisicità ma che restano invisibili e che vanno aldilà della body art. Mi sembrava come se stessi tirando fuori l'anima tecnologica delle nostre esistenze!
Una "Virtualizzazione" conferisce al corpo del virtualizzato un'immagine come di maschera ma è la maschera di un se stesso: perché quel linguaggio html, che viene dipinto sul corpo, altro non è che la traduzione in un linguaggio da computer della propria immagine.
D. Quindi, ogni immagine ha un proprio linguaggio html che è univoco e non potrebbe appartenere a nessun'altra immagine?
R. In teoria si. Diciamo che, ancora meglio di un'immagine, l'obiettivo sarebbe quello di avere una modella (fotografata o reale) per ogni immagine, a cui viene applicato sul corpo il proprio e univoco codice html. Una Virtualizzazione ad esempio funziona quasi come un vestito da indossare o il cambiare pelle, e paradossalmente indossare la propria di pelle o un vestito disegnato dalla nostra immagine.
D. E l'immagine della modella da virtualizzare da dove viene presa?
R. Per il momento sono foto che possedevo già. Ma possono essere anche foto più personalizzate, ad esempio, in questi primi esperimenti pubblicati sul blog di una donna virtuale (http://unadonnavirtuale.leonardo.it, ndr) nel linguaggio html estratto da un'immagine a caso mi sono divertito a mettere dei nomi fittizi. Ma ciò non toglie che un domani una eventuale Maria Rossi o Mario Rossi possano avere un ritratto di se stessi con i propri nomi. E il tutto scaturito dal codice che il proprio corpo o volto genera trasportato in immagine sul computer.
D. Anche dei personaggi famosi potrebbero essere da te virtualizzati?
R. Sì, ci potrebbero essere anche personaggi famosi virtualizzati. Anche se ho delle obiezioni sul lavorare su personaggi famosi di oggi. E qui devo fare un appunto a Andy Wharol, sia di merito che di facilità, anche se lui voleva lavorare sull'icona mitica. Mi riferisco (alla serie di dipinti "Do it yourself"), l'analogia potrebbe essere che Warhol in alcuni quadri metteva dei numeri, come se fossero un puzzle da riempire, e questo è stato molto interessante. L'aspetto meno piacevole è che il ritrarre personaggi famosi oggi dà ad alcuni, forse a troppi, l'idea di essere artisti solo perché...
Personalmente, non escludo che se, in qualche modo, un personaggio famoso volesse essere virtualizzato da me ciò non possa accadere. Ma l'essere famosi, per quanto mi riguarda, non è una condizione né un passaporto per virtualizzarsi.
D. E' importante per te in questo lavoro l'influenza dell'arte hypotetica alla quale so ti dedichi già da tempo ?
R. L'arte hypotetica è centrale. E su questa sto pensando e creando già da diverso tempo, ma così come buona parte di pensieri o teorie a volte hanno bisogno di tecnologie che li evidenzino, o che le rendano manifeste e che le potenzino, questa volta la tecnologia esprime bene una produzione estetica. C'è una frase che sta nel blog la quale dice che: "Il virtuale è come un tatuaggio invisibile che la scienza crea e che l'arte fa apparire."
D. Hai nominato il bisogno di tecnologie, nuove tecnologie. Pensi che anche l'arte, come la società umana, abbia bisogno di seguire il passo e fondersi con essa altrimenti rischia l'isolamento?
R. L'arte contemporanea è già fortemente intessuta di nuove tecnologie, vediamo continuamente mostre realizzate da video, multimedialità, olografie. La sinestesia tra arte e tecnologia è in atto da molto tempo. Ciò che una Virtualizzazione potrebbe invece implicare è un tornare anche a dipingere, non so, ad esempio, anche un paesaggio urbano.
D. Ovvero anche un paesaggio urbano, e non, potrebbe essere virtualizzato?
R. Esattamente. Perché no? Un paesaggio urbano o un'architettura potrebbero essere sicuramente virtualizzati. E' per questo che con le "Virtualizzazioni" si apre un campo vasto nei modi e nella ricerca. Ma c'è anche un altro aspetto che mi interessa e sul quale vorrei a breve intervenire e che è la virtualizzazione in atto, in sede di gallerie o di spazi con eventi, voglio dire di virtualizzare dal vivo modelli o modelle. E poi, lasciare che questi corpi virtualizzati agiscano nello spazio.
D. Mi ponevo la questione, dalle tue spiegazioni, se poteva nascere una mostra di opere virtualizzate?
R. Sicuramente. E il procedimento sarebbe che le opere già stampate su supporto verrebbero esposte in contemporanea con alcune virtualizzazioni eseguite dal vivo.
D. Per interpretare questo tuo nuovo modo di esprimere l'arte c'è, nascosta, una figura femminile ("Una donna virtuale"). Ci sarebbe potuto essere "Un uomo virtuale" alle spalle di un simile progetto multimediale?
R. Sì, ma il corpo femminile, quasi per tradizione iconografica, è diventato il corpo per eccellenza che mantiene ancora quel mistero del "corpo". Ma nelle virtualizzazioni che sto facendo ci sono sì anche delle figure maschili, cosi come potrebbero esserci dei paesaggi, o una natura morta, un vaso di fiori, o un veduta del Canaletto.
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